Tra realtà e pregiudizio : Le rappresentazioni dei padri divorziati nelle separazioni conflittuali
Tra realtà e pregiudizio :
Le rappresentazioni dei padri divorziati nelle separazioni conflittuali
Facoltà di Psicologia e Scienze dell’Educazione, Università di Ginevra
Riassunto
La continuità genitoriale dopo il divorzio è un tema psico-giuridico di estrema rilevanza. Abbiamo esaminato la situazione dei padri divorziati, una categoria di persone spesso investita da pregiudizi sociali in cui si riscontra una condizione di sofferenza psicologia sempre maggiore. Tramite la nostra ricerca pilota effettuata su venti padri divorziati o separati legalmente in Svizzera, abbiamo considerato le rappresentazioni che i padri hanno di loro stessi e dei loro figli in relazione al grado di conflittualità percepito del divorzio. Quando il conflitto è acuto, emergono due dinamiche apparentemente divergenti: da un lato, i padri mostrano una certa idealizzazione del bambino e delle proprie caratteristiche personali. Dall’altro lato, essi esprimono delle difficoltà nell’esercizio del ruolo genitoriale, lamentando nel contempo insoddisfazione ed uno stato psico-affettivo più negativo legato ad una condizione genitoriale difficile. Questi risultati sono messi in relazione all’ambito dei divorzi conflittuali.
Parole chiave : Divorzio, padri, conflitto genitoriale, rappresentazioni paterne.
Abstract
Parental continuity after divorce continues to receive much psycholegal attention. Our paper examines the situation of divorced fathers, a category of persons often drawing negative social connotations and for which there is a growing recognition that they experience great psychological distress. We present a pilot research of a sample of twenty divorced or separated Swiss fathers which investigates the representations these fathers have of themselves as well as of their children in relationship to the perceived degree of conflict with their ex-partner. In highly conflictual situations, two apparently divergent processes emerge. On the one hand, our sample of fathers tends to idealize their children as well as their own personal characteristics. On the other hand, the recognition of the difficulties they face, the deep dissatisfaction of their condition induces highly negative emotional psychological states. These results are examined within the context of litigious divorces.
Keywords: Divorce, fathers, interparental conflict, paternal representations
1. Introduzione
Il consenso professionale attualmente guarda al divorzio come ad un processo di ridefinizione dei legami familiari dopo la separazione fra coniugi. Ciò nondimeno, nella situazione post-divorzio, l’impiego del termine “famiglia” suscita grandi controversie.
Tale dibattito non è che il riverbero di questioni più sostanziali riguardo alla genitorialità dopo la separazione. Come continuare ad essere genitori? Ed ancora, come essere un “buon genitore”, dal momento che un conflitto oppone due parti che si presume debbano “operare di comune accordo” nell’interesse del bambino? Durante questi ultimi anni, l’attenzione si è spostata dalle cause del divorzio al dopo-divorzio (Cardia-Vonèche e Bastard, 1996) e palesemente, è l’identità genitoriale ad essere posta al centro della scena.
All’interno di questo vasto campo di studi, abbiamo voluto affrontare il tema della paternità post-divorzio tramite l’esplorazione delle rappresentazioni di padri divorziati o separati legalmente. Più precisamente, abbiamo considerato la relazione tra rappresentazioni paterne ed il grado di conflitto che ha caratterizzato il legame con la ex-coniuge.
Accedere alle rappresentazioni paterne significa poter cogliere il modo in cui questi padri avvertono e descrivono il loro vissuto in quanto genitori dopo il divorzio, così come le ripercussioni implicite sui loro figli. Tale comprensione concorre altresì a migliorare la qualità degli interventi dei professionisti socio-giuridici nei casi di divorzi altamente conflittuali.
2. I padri dopo il divorzio: aspetti di una problematica acuta
È sempre più evidente il fatto che nella società occidentale attuale molti padri esprimono grandi difficoltà rispetto all’esercizio dei loro diritti genitoriali dopo il divorzio, soprattutto se conflittuale. Diversi movimenti associativi di difesa dei diritti dei padri hanno preso origine da queste constatazioni, e delle azioni mediatiche talvolta spettacolari ne sono i sintomi manifesti[1]. Svariate cronache di gesti auto ed etero-aggressivi intrapresi da padri divorziati rendono chiaro a quale punto il loro vissuto può essere drammatico.
D’altro canto, tutt’oggi vengono veicolate percezioni sociali della classe dei padri divorziati che rasentano il pregiudizio, come ad esempio il fatto che dopo la separazione i padri si disinteressino dei figli investendo meno la relazione ad essi. I padri vengono spesso designati come “assenti” o “pallidi” e, nel contempo, la loro problematica è poco approfondita dalla letteratura scientifica (Andolfi, 2001).
L’ampiezza del fenomeno dei bambini separati dai loro padri dopo il divorzio ha senz'altro favorito la stigmatizzazione dei padri come genitori manchevoli ed insufficienti. È vero, infatti, che dopo il divorzio la frequenza dei contatti regolari tra padri e figli tende a diminuire (Lamb, 1997). Tuttavia, vi sono molteplici fattori che partecipano a un tale “allentamento”, come ad esempio le ordinanze giuridiche di divorzio, la distanza di residenza del genitore affidatario, la qualità della relazione tra i genitori, oppure l’interferenza materna nella relazione padre-figlio (Braver & Griffin, 2000).
Durante le separazioni conflittuali, sono numerosi i padri che condividono il sentimento di essere privati di legittimità genitoriale e di perdere, nello stesso tempo, l’autorità sulla vita dei loro figli ed il controllo sugli avvenimenti legati al divorzio.
Sul piano delle prassi legali, una buona maggioranza di padri tende a percepire un’inclinazione del sistema giuridico a favore delle donne (Sheets & Braver, 1996). Durante il periodo che segue il divorzio, gli uomini danno inoltre prova di un “accomodamento” psicologico minore rispetto alle donne (Braver & O’Connel, 1998) dovuto, tra l’altro, ad un minor ricorso alle reti familiari e di sostegno sociale (Pledge, 1992). Sovente, gli uomini non traggono beneficio dal supporto emotivo che per alcuni può provenire dalla regolarità delle interazioni quotidiane con il bambino. Inoltre, mentre le donne in generale manifestano segni di stress e di ansietà prima della separazione, dato che sono spesso proprio le donne a dare inizio alle procedure per il divorzio, per gli uomini tali manifestazioni psicologiche si verificano più facilmente dopo la separazione (Braver, Whitley & Ng, 1993).
In simili circostanze, per i padri sembrano aggravarsi la difficoltà a mantenere un ruolo di genitore ed il rischio di dis-implicarsi dalla relazione ai propri figli. Il ruolo di padre nella famiglia intatta non prepara il terreno per il nuovo statuto di “padre post-divorzio”, rendendo talvolta molto duro il confronto a questa condizione sconosciuta. Per alcuni autori ridurre i contatti con i figli diventerebbe addirittura una “strategia” per evitare conflitti, tensioni e stati emotivi troppo negativi (Arendell, 1992).
3. L’implicazione dei padri e le loro rappresentazioni
Come si articola questa realtà sociale con il vissuto soggettivo dei padri? Per rispondere a questa domanda, è innanzitutto opportuno distinguere l’implicazione concreta nei riguardi del bambino da quella che possiamo definire l’implicazione “psico-affettiva” paterna.
Per esigenza di obiettività, le ricerche sul tema hanno esaminato in modo lineare soprattutto l’investimento dei padri sul piano del diritto di visita (frequenza, regolarità, …) e dell’adempimento agli obblighi di mantenimento dei figli, senza necessariamente tener conto delle peculiarità di ogni situazione (condizioni di vita dei genitori, conflitto genitoriale, restrizioni dettate dalle sentenze giuridiche, ecc.), offrendo il più delle volte un’immagine di padri poco coinvolti dopo la separazione. Al contrario, la valutazione del coinvolgimento psichico ed affettivo dei padri divorziati ha dimostrato che la presenza psicologica del bambino è, per i padri, più importante dopo la separazione rispetto a prima (Pasley & Braver, 2003). Peraltro, tanto le madri quanto i padri si dicono preoccupati ed attenti alle ripercussioni del divorzio sui loro figli (Hetherington & Stanley-Hagan, 1997).
È da tali considerazioni che affiora l’interesse a recensire il complesso vissuto psicologico di questi padri, in una parola le loro “rappresentazioni” ed è in questa cornice teorica che la nostra ricerca si vuole collocare. La nozione stessa di “rappresentazione” richiede una spiegazione. In effetti, secondo Cramer et al. (2002), proiezioni, percezioni ma anche ricordi, credenze, connotazioni e schemi di pensiero appartengono alle rappresentazioni. Queste svolgono più funzioni: orientamento dei comportamenti, organizzazione della realtà, giustificazione “a valle” della condotta, una funzione pragmatica che assicura la continuità del sé ed una funzione ideologica. Avere una prospettiva di tali strutturazioni delle rappresentazioni paterne, permette una lettura più circostanziata e consona della maniera in cui i padri integrano, organizzano, si adattano e rispondono alla realtà di essere genitori dopo un divorzio conflittuale.
La nostra ricerca propone una griglia di lettura “rappresentazionale” dei padri divorziati nell’intento di contribuire ad arginare le derive interpretative che hanno condotto ad una stigmatizzazione sociale e, talvolta, anche professionale esplicitamente negativa di questa categoria, nell’assenza però di strumenti di osservazione sufficientemente adeguati.
4. Le rappresentazioni paterne: Alcune osservazioni di ricerca
La nostra ricerca-pilota porta su un campione di venti padri[2] domiciliati in Svizzera, recentemente divorziati o separati. Abbiamo esaminato le loro rappresentazioni tramite la “R-interview” (Stern, Robert-Tissot et al, 1989). Questo strumento, elaborato in un contesto clinico, valuta i cambiamenti delle rappresentazioni genitoriali nel corso di una cura psicoterapeutica[3], partendo da misure provenienti da liste di descrittori predefiniti, così come da produzioni personali dei partecipanti a momenti diversi della cura. I descrittori sono attributi scelti a cui il soggetto assegna un valore su una scala bipolare, determinando una misura soggettiva della qualità della rappresentazione per ogni descrittore così come una misura della qualità della rappresentazione globale. I descrittori sono selezionati dagli autori in funzione del contesto clinico nel quale lo strumento è stato elaborato. Si tratta quindi di quegli attributi delle rappresentazioni la cui variazione qualitativa è maggiormente sensibile agli effetti di un processo psicoterapeutico in un determinato ambito clinico. L’analisi dei risultati della nostra ricerca ha dunque tenuto conto della differenza del contesto di impiego dello strumento.
Per la nostra ricerca abbiamo tenuto presenti quattro dimensioni della ”R-Interview”: 1) Le rappresentazioni paterne attuali, sul piano temporale, di sé stesso in qualità di padre, 2) in quanto persona, 3) dei propri affetti, ed infine 4) delle caratteristiche del bambino. Ci siamo riferiti unicamente alle liste dei descrittori fornite dallo strumento. Tuttavia, abbiamo operato alcune modifiche operazionali rispetto all’utilizzo abituale dello strumento, tali per cui i nostri soggetti sono stati sottoposti due volte alla ”R-Interview”, riferendosi ogni volta ad un periodo temporale distinto, ovvero prima e dopo la separazione coniugale. Così facendo, abbiamo voluto ottenere due misure il cui rapporto potesse informarci sulla natura della differenza tra le rappresentazioni paterne attuali del “prima” e del “dopo” divorzio[4].
Per meglio considerare e circoscrivere il conflitto, così come il suo grado di intensità, abbiamo fatto ricorso alla “Disagreement Scale” (Honess & Charman, 1997) in una recente versione procurataci dagli autori[5]. Questo strumento valuta lo stile del conflitto fra diadi relazionali partendo da attribuzioni di valore soggettive del partecipante inerenti alla propria attitudine così come all’attitudine dell’altra persona nella risoluzione di un disaccordo, basandosi su enunciati i cui contenuti sono definiti dallo strumento. Dalla valutazione dello stile del conflitto tra ex-coniugi, abbiamo poi misurato il grado di conflittualità della separazione percepito dai padri[6]. In seguito, abbiamo analizzato quantitativamente le variazioni delle rappresentazioni in funzione del grado di conflittualità (von Arx, 2006).
I risultati, presentati in forma non sperimentale, si riferiscono quindi a differenti vissuti psicologici paterni, prima e dopo la separazione, in funzione del grado di conflittualità riferito dai padri stessi riguardo la loro relazione con l’ex-partner. Solo i dati più rilevanti da un punto di vista statistico sono stati presentati e commentati.
4.1. Le rappresentazioni del padre in quanto padre
Più il grado di conflittualità con l’ex-coniuge è percepito dai padri come elevato, più essi tendono ad avere una rappresentazione negativa di loro stessi come padri. Il ruolo di padre appare, infatti, come più difficile e meno soddisfacente dopo il divorzio, mentre per i padri che hanno vissuto un conflitto meno intenso, la soddisfazione aumenta dopo il divorzio. Inoltre, ad un aumento del grado di conflittualità, corrisponde un’immagine di padre, prima del divorzio, più tollerante e più paziente.
Le difficoltà evidenziate non sembrano essere dettate dal comportamento di un bambino per ipotesi “problematico”, ma piuttosto dalla difficoltà nel mantenere la relazione con il figlio, così come dagli ostacoli provocati dal conflitto. I dati ed i commenti dei padri che hanno partecipato alla ricerca sottolineano infatti delle difficoltà in termini di accessibilità alla relazione ai figli. Il tempo e le modalità del diritto di visita cambiano in funzione della gravità del conflitto: la durata delle visite diminuisce con un conflitto più intenso, i padri hanno condizioni di visita più “caotiche” e lamentano sovente la violazione delle modalità prefissate e l’interferenza negativa da parte delle madri. Questi padri mostrano una maggiore insoddisfazione rispetto alle visite se li si confronta ai padri che hanno vissuto un divorzio meno conflittuale, pur mostrandosi, in maniera generale, più disponibili per i loro figli dopo il divorzio rispetto a prima. Ci sembra comunque interessante rilevare che, se la “cornice” nella quale i padri esercitano la loro funzione genitoriale dopo il divorzio è spesso messa in discussione, la qualità della relazione al bambino sembra esserlo molto meno[7].
4.2. La rappresentazioni del padre in quanto persona
Più il grado di conflittualità è percepito come elevato dai padri, più essi si riconoscono come persone facili ed affettuose dopo il divorzio, benché generalmente più impensierite. Anche la rappresentazione di sé prima del divorzio è globalmente migliore (più affettuosi, vivi e gioiosi). Con l’aumento del conflitto però, i padri corrono un maggior rischio di avvertirsi come spenti, tristi e preoccupati dopo il divorzio rispetto a prima, mentre la stessa tendenza sembra essere inversa quando il conflitto è di poca gravità.
Il profilo che emerge vuole dunque che certe qualità personali vengano idealizzate dai padri quando il conflitto è acuto, mentre altre caratteristiche, maggiormente attinenti alla condizione psicologica ed emozionale, peggiorano in funzione dello stesso conflitto.
Il dare valore a qualità personali che non paiono ben conciliarsi ad una situazione di alto conflitto, fa sorgere una contraddizione apparente. Stando ai commenti scritti, gran parte dei partecipanti sembra attribuire all’ex-coniuge la maggior responsabilità del mantenimento del conflitto, specialmente quando questo è percepito come grave. Secondo noi, queste osservazioni rinviano a ciò che Baris et al. (2001) definiscono “meccanismi di riparazione psichica”, tra i quali l’etero-attribuzione della responsabilità del conflitto offre una protezione contro le ferite narcisistiche arrecate dal divorzio.
Questi risultati sono parimenti conformi alle nostre osservazioni cliniche riguardo al bisogno degli ex-partner di auto-preservarsi: più le posizioni degli ex-coniugi in conflitto sono estreme, più esse sono fondate sulla proiezione, per cui la responsabilità del conflitto viene addossata all’altro. Peraltro, una delle conseguenze di ciò è di “alimentare” il legame conflittuale tra gli ex-partner. Questi meccanismi, così come si manifestano, rivelano tutta la difficoltà del lavoro psichico di confronto riguardo alla perdita e d’integrazione progressiva della rottura familiare. È possibile comunque pensare che a volte il conflitto venga fin troppo “demonizzato” e che, in talune circostanze, esso costituisca una tappa necessaria per poter accedere ad una riorganizzazione delle rappresentazioni psichiche genitoriali. Come Baum (2003), crediamo però che questo processo di “lutto”[8] sia più difficoltoso per gli uomini che per le donne.
4.3. Gli affetti
Più il conflitto è considerato come grave, più lo stato emotivo dei padri tende a diventare negativo rispetto al periodo precedente alla separazione. Quando il conflitto è minore invece, questa tendenza è contraria. La stessa dinamica è riscontrabile per quanto concerne il sentimento di tristezza.
Questi risultati a proposito degli affetti paterni sembrano avvalorare le nostre precedenti ipotesi cliniche che associano un livello di conflitto percepito come alto ad una problematica di confronto difficile alla separazione familiare. D’altra parte, il fatto che un contesto di alta conflittualità favorisca un vissuto emotivo più negativo nei padri, richiama numerose situazioni incontrate nella nostra pratica clinica. In effetti, nei casi di divorzi altamente conflittuali, non è raro riscontrare quadri sintomatici di depressione genitoriale moderata o grave. In tal senso, consideriamo che i padri divorziati in conflitto con la ex-coniuge facciano parte di una categoria a rischio in termini di aggravamento dello stato psicologico ed emotivo. Diversi drammi familiari confermano periodicamente e sfortunatamente la realtà di una psicopatologia “di reazione” esacerbata dalla separazioni, senza che adeguate strutture possano contenerla.
4.4. Le rappresentazioni paterne del bambino
Qualunque sia il grado di conflittualità, il bambino viene generalmente rappresentato in modo positivo. Ciò nonostante, più il grado di conflitto è percepito come elevato, più il bambino viene descritto come felice ed affettuoso prima del divorzio. Inoltre, indipendentemente dal livello di conflitto, i padri tendono a percepire il proprio figlio come più distante dopo il divorzio rispetto à prima, pur sempre preservandone un’immagine positiva.
All’interno del nostro campione dunque, le rappresentazioni paterne del figlio non variano in modo significativo a seconda del grado del conflitto e viene sempre conservata una buona immagine del bambino.
Oltre a ciò, i padri appaiono sensibili alla tessitura affettiva che caratterizza il legame al bambino, riconoscendo che, dopo il divorzio, può venirsi a creare una certa distanza emotiva all’interno della relazione col figlio.
Non vi è alcun dubbio che molti padri riescano a ben differenziare quello che riguarda il conflitto coniugale con quanto riguarda la relazione ai figli. Tuttavia, risulta che i padri che hanno partecipato alla nostra ricerca esprimono una certa idealizzazione delle caratteristiche dei loro figli[9]; questo tra l’altro può avere come esito di avvalorare un’immagine paterna che potrebbe apparire come “danneggiata” agli occhi dei padri stessi. Questi risultati possono inoltre indicare come le rappresentazioni relative ai figli mutino nel corso del tempo. L’esperienza clinica, infatti, ci mostra che spesso al momento della separazione il genitore che lascia il domicilio familiare (spesso l’uomo) ritiene che il bambino soffra della sua partenza molto più di quanto pensi l’altro genitore. L’evoluzione delle rappresentazioni paterne non sarebbe dunque soltanto funzione dei cambiamenti sul piano della relazione e del contesto relazionale padre-figlio dopo il divorzio, ma anche dell’importanza che assume questa relazione rispetto alla salvaguardia dell’identità genitoriale.
5. Conclusioni: Dalla Legge del Padre ai diritti dei padri
La gravità del conflitto tra ex-coniugi, così come viene percepita dai padri, ha una palese importanza che è decisiva riguardo al modo in cui essi concepiscono e si rappresentano la loro condizione paterna. Il vissuto conflittuale della separazione viene infatti ad incidere su quelle complesse dinamiche psicologiche ed affettive che intervengono nell’elaborazione delle attuali rappresentazioni genitoriali. Possiamo in tal senso supporre che il grado di conflittualità abbia anche un’influenza sui processi permanenti di rielaborazione delle rappresentazioni riguardo ai trascorsi passati.
Abbiamo osservato di fatto che i padri della nostra ricerca attribuiscono alle proprie rappresentazioni valori qualitativi diversi a seconda della gravità del conflitto e che due principali tendenze emergono: i padri in grande conflitto conferiscono una “tonalità” generalmente più negativa all’attuale condizione psico-affettiva di genitore rispetto a prima della separazione, inversamente ai padri che hanno vissuto una separazione poco conflittuale. Al contrario, più il conflitto è intenso e più i padri tendono ad attribuirsi un valore personale più grande.
Questo fa capire quanto sia importante non minimizzare il peso di un conflitto tra ex-coniugi che, spesso, oltrepassa la dimensione della coppia da cui il conflitto è emerso per estendersi alla dimensione dell’implicazione genitoriale. La distinzione tra la “coppia coniugale” e la “coppia genitoriale”, dunque, sembra essere più che altro un discorso che si situa ad un livello teorico, piuttosto che ad un livello vicino alla realtà dei fatti, specialmente in presenza di un conflitto intenso.
Tuttavia, è necessario scomporre il conflitto genitoriale nelle sue diverse componenti per poter valutare la pluralità di dimensioni che, intessendosi, creano una complessità propria ad ogni situazione di divorzio. In ogni rottura familiare, infatti, si combinano tra loro elementi intra-soggettivi, inter-soggettivi (la relazione tra ex-partner) e contestuali, compresi gli aspetti della sfera socio-giuridica, della cerchia affettiva e della famiglia. La peculiarità della costellazione che viene a delinearsi, costituisce la trama dalla quale emergono le rappresentazioni paterne. Ridurre la prospettiva ad uno solo dei diversi aspetti di questa problematica vorrebbe dire correre il rischio di entrare in contatto con la realtà dei padri divorziati in un modo che non avrebbe, per loro, alcun senso.
La nostra ricerca non mette in causa il fatto che una buona porzione della legittimità genitoriale dei padri dipende dalle immagini veicolate dal contesto sociale. La pratica genitoriale dei padri divorziati si iscrive infatti nella funzione e nei ruoli comunicati dall’ambito sociale, così come dalla qualità dei legami che si tessono nelle relazioni con i figli e con la ex-coniuge (Henley, 2005). È chiaro quindi che quando il conflitto è intenso ed il feed-back negativo, i padri, inclusi quelli che hanno partecipato alla ricerca, “si aggrappano” a delle immagini positive dei propri figli e delle proprie qualità personali. Un tale bisogno di affermare o addirittura di idealizzare queste dimensioni lascia trasparire, in una certa misura, la sofferenza di una condizione paterna difficile.
I professionisti del divorzio che intervengono presso padri coinvolti in conflitti relazionali e giudiziari intensi, ben conoscono la retorica della rivendicazione e sono spesso disarmati quando si tratta di moderare l’intensità conflittuale. In tal senso, osserviamo che fin troppo spesso gli interventi si situano ad un livello di mera “gestione” del conflitto, trascurando la rilevanza delle rappresentazioni dei padri divorziati ed il loro bisogno di essere riconosciuti su questo piano psicologico.
La nostra ricerca propone alcune riflessioni riguardanti il campo delle rappresentazioni dei padri divorziati che la legge, almeno per come è applicata nei conflitti ad alta intensità, non prende sufficientemente in considerazione. È certo anche che le rappresentazioni delle madri divorziate meritano in ugual modo di essere meglio studiate e circoscritte, sebbene abbiano ricevuto un’attenzione più importante e bene accolta come conseguenza dell’evoluzione sociale degli ultimi decenni. Questa doppia prospettiva è necessaria affinché i professionisti che intervengono nelle situazioni di divorzio altamente conflittuale possano aiutare i genitori divorziati, nella loro complementarità biologica e psicologica, ad incontrare i loro figli e a dare inizio ad una storia più autentica.
6. Bibliografia
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• von Arx, F. (2006). Les représentations des pères divorcés. Tesi di Diploma, Facoltà di Psicologia e Scienze dell’Educazione, Università di Ginevra (Svizzera).
* Psicologo, Ginevra, Svizzera. Email: floriano.vonarx@psychologie.ch ** Corrispondenza: Prof. Ph. Jaffé., FPSE, Università di Ginevra, 40 bd. du Pont d’Arve, 1205 Ginevra, Svizzera. Email : philippe.jaffe@pse.unige.ch. [1] Per esempio, l’associazione britannica « Fathers 4 justice » (www.fathers-4-justice.org). [2] Abbiamo incontrato diverse difficoltà nel costituire il campione di studio, poiché il tema trattato è molto delicato e poiché spesso le procedure legali erano ancora in corso per buona parte delle persone contattate al momento della fase di test. In tal senso, un numero considerevole di padri e, soprattutto, numerose istituzioni pubbliche che nel campo del divorzio, hanno mostrato una scarsa propensione a voler partecipare allo studio. [3] La “R-Interview” è stata inizialmente applicata in contesti di terapia breve madre-bambino per poi essere utilizzata in altri contesti clinici e di ricerca che coinvolgono genitori e figli allo scopo di valutare i cambiamenti qualitativi delle rappresentazioni genitoriali nel corso di un processo terapeutico. [4] La “R-interview” rende possibile il confronto di due misure delle rappresentazioni genitoriali a momenti diversi di un processo terapeutico. Il nostro contesto di ricerca non prevede però due tempi di test, bensì un solo tempo di test in cui i soggetti sono sottoposti due volte alla “R-Interview” riferendosi a due periodi temporali diversi. Si tratta quindi di un’analisi delle rappresentazioni attuali dei padri, ovvero un’analisi del modo in cui, al momento del test, i soggetti attribuiscono un determinato valore alle rappresentazioni che hanno del periodo che precede il divorzio e del periodo attuale. È importante sottolineare questa distinzione, in quanto le rappresentazioni attuali del periodo che precede il divorzio sono il complesso prodotto di quelle dinamiche psico-affettive all’opera nei processi di rievocazione (alterazioni cognitive, razionalizzazioni, …). I risultati della nostra ricerca vogliono e devono quindi essere esaminati in tale chiave di lettura. [5] Ringraziamo gli autori per il loro interesse e per aver messo a nostra disposizione il loro strumento aggiornato. [6] Il grado di conflitto è misurato anch’esso a partire da posizioni soggettive dei padri. Lo scopo è quello di mettere a confronto le misure del grado di conflittualità con le misure relative alle rappresentazioni paterne su di un medesimo piano, ovvero quello delle attribuzioni psico-affettive del soggetto. Avremmo potuto senz’altro prediligere misure più “oggettive” del grado di conflitto determinando, per esempio, dei criteri legati alle procedure giuridiche di divorzio che rendessero conto del grado di conflittualità della separazione. In tal modo però, avremmo fatto riferimento a dei parametri determinati dallo sperimentatore. Abbiamo invece voluto privilegiare un misura che si riferisse a ciò che “fa conflitto” per il soggetto. [7] Nella nostra ricerca, i padri in grande conflitto si percepiscono come più permissivi e pazienti, prima del divorzio, rispetto ai padri in minor conflitto, sottolineando le difficoltà che essi incontrano nell’esercizio dell’autorità paterna quando il divorzio è litigioso. Queste difficoltà potrebbero essere attribuite tanto ad un bambino più “difficile” dopo un divorzio conflittuale, quanto a condizioni problematiche di esercizio della paternità dopo la separazione. I risultati che riguardano le rappresentazioni paterne dei figli offrono in tal senso elementi esplicativi complementari. [8] Il conflitto, così come viene espresso, può voler manifestare una forma di resistenza più o meno forte alla rottura familiare. Da un punto di vista clinico, noi pensiamo che il conflitto possa permettere, in certi casi, di mantenere un legame fra ex-coniugi. Consideriamo questi fenomeni come parti integranti del processo di “lutto” della relazione con la ex-partner e dell’unità familiare al momento della separazione. [9] Questo ci sembra tanto più rilevante se consideriamo il fatto che i padri della nostra ricerca riconoscono un grado di preservazione dei figli inferiore quando il conflitto è più importante, in termini di esposizione diretta del bambino ai litigi tra genitori.